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Milano, dicembre 1969. Giuseppe Pinelli è un ferroviere
milanese. Marito, padre e anarchico anima e ispira il Circolo Anarchico
Ponte della Ghisolfa. Luigi Calabresi è vice-responsabile della Polizia
Politica della Questura di Milano. Marito, padre e commissario segue e
sorveglia le opinioni politiche della sinistra extraparlamentare.
Impegnati con intelligenza e rigore su fronti opposti, si incontrano e
scontrano tra un corteo e una convocazione. L'esplosione alla Banca
Nazionale dell'Agricoltura di Piazza Fontana, in cui muoiono diciassette
persone e ne restano ferite ottantotto, provoca un collasso alla
nazione e una tensione in quella ‘corrispondenza cordiale'. Convocato la
sera dell'attentato e interrogato per tre giorni, Pinelli muore in
circostanze misteriose, precipitando dalla finestra dell'Ufficio di
Calabresi. Assente al momento del tragico evento, il commissario finisce
per diventarne responsabile e vittima. Perseguitato con implacabile
risolutezza dagli esponenti di Lotta Continua, ‘implicato' dalla
Questura e abbandonato dai ‘dirigenti', continuerà a indagare sulla
strage, scoprendo il coinvolgimento della destra neofascista veneta e la
responsabilità di apparati dello Stato. Una promozione e un
trasferimento rifiutati confermeranno la sua integrità, determinandone
il destino.
È un film secco e pudico quello di Marco Tullio Giordana che mette mano
(e cuore) su una delle pagine più tragiche della nostra storia recente.
Come e insieme a Pasolini. Un delitto italiano, Romanzo di una strage
è un film sulla morte, sulla morte al lavoro. Il regista milanese
affronta una delle stragi più devastanti e destabilizzanti della nazione
e vi cerca dentro il ‘senso' della vita di Giuseppe Pinelli e Luigi
Calabresi, assieme ai segni e alle tracce della nostra prematura morte
civile. Perché in Piazza Fontana, sull'asfalto della questura di Milano e
in Largo Cherubini non sono morti solo loro. In quella terra di nessuno
della coscienza e della memoria sono caduti anche i sogni e le speranze
degli anni Settanta.
Nella notte di Giordana, come in quella di Bellocchio, si muove la generazione che ha ucciso due padri e non è riuscita ad assumere e a fare propria la loro storia. Potenzialmente popolare, il cinema di Giordana prova ancora una volta a superare le rigidità ideologiche e a recuperare l'umanità del gesto, ricostruendo l'Italia di allora con scrupolo filologico (e giuridico) di grande rigore. Asciutto come un giallo ed essenziale come un courtroom drama, Romanzo di una strage dimostra con l'eloquenza dei fatti che non c'è stata giustizia e che la Legge dei tribunali si risolve troppo spesso in un'opera di rimozione.
Pronto
a reinventare per il grande schermo paure e passioni, Giordana
ribadisce la sua assoluta predilezione per il melodramma (lirico), di
cui elude l'emotività iperbolica ma assume i ‘movimenti' musicali.
L'opera, che accompagna la narrazione ‘in atti' e viene dichiarata ‘in
scena' da un burocrate, è l' “Anna Bolena” di Gaetano Donizetti. Come la
regina inglese, consorte ripudiata e ‘spinta' alla morte da Enrico
VIII, Pinelli e Calabresi sono figure autenticamente tragiche,
profondamente maltrattate, profondamente dolenti eppure sempre dignitose
e nobili. Abile a scardinare l'omertà e a rompere pesanti silenzi, il
regista ‘esplora' la materia drammatica di una nazione, guidando lo
spettatore con assoluta empatia nella sofferenza di due uomini ostinati e
contrari.
Giuseppe Pinelli e Luigi Calabresi hanno rispettivamente il volto di Pierfrancesco Favino e Valerio Mastandrea, sorprendenti nel sottrarsi al rischio corso da un attore chiamato a interpretare un personaggio reale. Nessuna mimesi o impudica spavalderia nelle loro performance, piuttosto frammenti, intuizioni, visioni parziali di quei corpi nel teatro di un delitto senza castigo. ‘Romanzato' da Rulli e Petraglia e agito in pomeriggi declinanti e in interni da cui si esce in qualcosa che non sembra il mondo ma solo un altro interno, Romanzo di una strage semplifica, ‘interpreta' e agevola (la comprensione di) una strage impunita. Nell'assurda e crudele immodificabilità delle cose, a due mogli-madri (Licia Pinelli e Gemma Calabresi nell'interpretazione misurata e composta di Michela Cescon e Laura Chiatti) appartiene altrimenti lo smottamento di tenerezza, restituito con una sciarpa calda e una cravatta bianca.
Marzia Gandolfi (mymovies)
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